Blog - Il Kaizen del fare bene le cose: un nuovo paradigma di sostenibilità d’impresa

Novembre 25, 2025

La sostenibilità non è un’etichetta da apporre ai prodotti. Non è un esercizio di comunicazione, né un capitolo obbligatorio del bilancio.

La sostenibilità – quella autentica – è un modo di fare le cose. È un comportamento continuo, una postura professionale e culturale che attraversa ogni scelta, grande o piccola.

E quando si parla di “fare bene”, non si parla di perfezione.

Si parla di cura, di responsabilità, di una visione di lungo periodo che guida il modo in cui un’impresa decide di stare nel mondo.

Ed è proprio qui che il Kaizen offre un paradigma prezioso.


Kaizen: migliorare sempre, senza cercare la perfezione

Il termine Kaizen viene dal giapponese: Kai (cambiamento) + Zen (bene).

Letteralmente: cambiare in meglio.

È una filosofia manageriale, certo, ma prima ancora è una filosofia di relazione con il lavoro.

Il Kaizen non celebra l’eccezionalità, ma la costanza:

il piccolo passo avanti quotidiano, la domanda che ogni giorno si rinnova: “Come possiamo farlo un po’ meglio?”

Il Kaizen nasce nel dopoguerra giapponese, trova piena maturità nella cultura Toyota (Ohno, Liker), e approda poi in Occidente attraverso le opere di Masaaki Imai (1986, 1997).

Il principio è semplice:

La qualità non è un traguardo da raggiungere, ma una direzione da mantenere.

Questa visione è profondamente diversa dall’idea occidentale della “performance perfetta”:

il Kaizen non punisce l’errore, lo osserva.

Non glorifica il risultato, valorizza il processo.

Non chiede rivoluzioni, ma micro-evoluzioni costanti.


Fare bene come nuova sostenibilità

Sostenibilità significa responsabilità.

Ma responsabilità significa prima di tutto scelta.

Ogni gesto può essere fatto bene o fatto in fretta.

Ogni processo può essere costruito con cura o con superficialità.

Ogni filiera può essere resa più trasparente oppure lasciata nella nebbia degli intermediari.

Ogni comunicazione può essere sincera oppure decorativa.

Dire che “ogni scelta può essere sostenibile” non è un modo per semplificare.

È un modo per ricordare che dipende da come la fai.

Sostenibilità è:

• progettare prodotti durevoli, non usa-e-getta;

• ottimizzare i processi eliminando sprechi (lean thinking);

• dare valore alle persone, al sapere e al tempo;

• garantire trasparenza e coerenza;

• adottare una visione di lungo periodo, non di trimestrale.

In questo senso, il Kaizen è il paradigma operativo della sostenibilitànon si tratta di raggiungere uno standard, ma di evolvere costantemente verso uno stato migliore.


La parte invisibile delle cose

Una delle intuizioni più potenti del Kaizen è che ciò che davvero conta spesso non si vede.

Gran parte della qualità avviene dietro, nel backstage, lontano dagli occhi del pubblico:

lì si trovano procedure accurate, miglioramenti progressivi, decisioni prese con attenzione, conversazioni che aggiustano la rotta.

È qui che entra in gioco un’immagine letteraria che illumina questo concetto con straordinaria chiarezza.


Hemingway e il principio dell’iceberg: comunicare solo la punta, lavorare sulla massa

Ernest Hemingway formulò il celebre principio dell’iceberg: nella buona scrittura, il lettore vede solo una piccola parte della storia. Il resto — la parte più vasta, più profonda, più solida — rimane sommersa, invisibile ma essenziale.

“Se uno scrittore conosce bene la propria storia, può ometterne parti. Il lettore, se lo scrittore è onesto, sentirà tutto ciò che manca come se fosse lì.”

Questo vale per la letteratura.

Ma vale anche – forse ancora di più – per le imprese.

La sostenibilità è un iceberg: solo una piccola parte è visibile nei prodotti, nelle campagne, nei messaggi.

La parte più vera è sotto: le filiere, i materiali, i protocolli, le condizioni di lavoro, la governance, la scelta di non prendere scorciatoie.

Il Kaizen è il lavoro quotidiano sulla parte sommersa dell’iceberg.

Sulla qualità profonda, non apparente.

Sulla sostanza che sostiene la superficie.


aDoormore: rendere visibile ciò che solitamente rimane sommerso

E qui il parallelo con Hemingway diventa ancora più significativo.

Se la sostenibilità è l’iceberg, allora serve un modo per mostrarne la parte nascosta.

Per rendere comprensibile ciò che normalmente resta dietro le quinte.

Per tradurre processi, valori e decisioni in una narrazione trasparente.

aDoormore nasce proprio con questo obiettivo: aprire una porta dietro la quale si vede come un’azienda opera davvero.

Non solo quello che comunica, ma quello che fa.

Non solo l’immagine, ma il processo che la sostiene.

È la piattaforma che amplifica la parte invisibile dell’iceberg, rendendola leggibile e valorizzabile.

Che permette alle imprese che fanno bene le cose di mostrare come le fanno.

Che scompone il percorso in passi, come farebbe il Kaizen, e li rende racconto, prova, relazione.


Conclusione: il valore del miglioramento continuo

Il Kaizen ci ricorda che non serve essere perfetti — serve voler migliorare.

Serve impegno, costanza, visione.

Serve fare bene, oggi un po’ meglio di ieri.

La sostenibilità non è un traguardo, ma un cammino.

E ogni passo, anche il più piccolo, è parte del cambiamento.

A fare la differenza è ciò che non si vede:

la parte sommersa dell’iceberg, dove nascono la qualità, la coerenza e la responsabilità.

Perché la sostenibilità è un fatto di come si fanno le cose.

E il “come” è sempre più importante del “quanto”.


A cura del Team Marketing